Anche gli Angeli perdono le ali…e diventano umani…

Tutto avrei potuto pensare nella vita tranne che un minuscolo e insidioso essere potesse farmi perdere quelle certezze costruite giorno dopo giorno nel tortuoso percorso della mia esistenza. ho combattuto con armi, lacrime sangue e unghie contro tutte le avversità e ho iniziato a farlo a 20 anni per me stessa per proseguire nel tempo per gli altri. Ho scelto di dedicare la mia vita alle persone prendendo in prestito il ruolo di “Tata Matilda” accompagnando per mano tutti coloro che avevano bisogno di essere confortati nell’anima e nella crescita, per poi lasciarli camminare sicuri da soli. Ho conosciuto il dolore ma anche la gioia, ho imparato che la morte non è la fine di qualcosa ma il cerchio che chiude una vita e da questo ne ho ricavato un personale manuale che mi ha aiutato ad elaborare anche il lutto come forma di rinascita e non di chiusura.

Ma oggi sono smarrita, tutto ciò che sta accadendo è innaturale e sfido chiunque ad essere in grado di elaborare o metabolizzare un evento così drammatico e infausto. Quello che da sempre è stato un dono l’Empatia ora mi sta soffocando perché proprio come gli angeli, ho perso le ali…

Ebbene si ho perso la fiducia, la forza e la determinazione che mi hanno sempre contraddistinto ma, non verso la vita, ma verso l’essere umano che sempre più avido si è trasformato in carnefice senza neanche più avere l’accortezza di mascherarsi.

Siamo sempre stati sotto scacco ma ora è palese che lo siamo e che non possiamo neanche far nulla per chiudere la partita e cominciarne un’altra se non alle loro condizioni.

E quando sento parlare di scelte su caschi salvavita quando per mesi ho sentito parlare di banchi con le rotelle, è li che mi cascano le ali, per non dire altro, e mi arrendo di fronte alla pochezza che le persone danno alla vita di un essere umano. Poi vedo la signora di Mondello che dichiara che non ce ne COVIDDI mentre ho persone in ospedale intubate tra la vita e la morte e mi parte l’embolo, così come quando vedo i pronto soccorsi vuoti, e certo prima ci andavano tutti anche per un unghia incarnita, ora sono vuoti perché secondo voi? No non ce ne COVIDDI ma la paura si vero? Quindi l’unghia incarnita me la tengo e me la curo a casa.

Non ci sto rivoglio la vita che avevo, piena di lotte quotidiane, di attacchi del lupus e di incognite ma era vita con le persone che ti parlavano senza abbassare la testa, che ti stringevano la mano senza paura dei mille batteri, che ti abbracciavano in cerca di conforto che anche solo ti salutavano…voglio la vita perchè per quanto assurda e complessa ci sembri la vita è perfetta e dobbiamo essere noi a tenercela stretta…lei è benedetta…

Ed io rivoglio le ali, o quel qualcos’altro che mi è cascato, perché ancora un angelo non lo sono diventato. Patty5

La bella e la bestia e il miracolo della vita… racconto vincitore Tu il mio tutto…Apollo edizioni

 

L’unico motivo per cui decisi di chiudere quella finestra e riprendermi in mano la vita fu il pensiero fisso e costante di credere che nell’avversità del momento, che mi aveva travolto e sconvolto la vita, ci fosse un sogno che nessuno poteva permettersi di infrangere.

Dietro l’infausta sentenza, di una vita mai più normale, di rinunce, di possibili e travagliate situazioni fisiche incombenti, di anormalità e sofferenze, di sconvolgimento totale di un’esistenza, che fino a quel momento era stata spensierata ed idonea a una ragazza di vent’anni, c’era una determinata e inviolabile certezza, a tutto avrei potuto rinunciare ma non ad essere madre.

Tutte le difficoltà che sopraggiunsero furono colpi di lancia infuocati, che pian piano presero possesso del mio corpo, che giorno dopo giorno veniva dilaniato e plasmato nella volontà di una malattia che era un’incognita quotidiana e non dava modo di capire dove essa depositava con malignità la sua presenza.

Vagava all’interno delle mie vene, nel mio sangue, distruggendosi autonomamente in una lotta interiore con sé stesso, un’autoimmunità cieca e crudele che agiva come una furia ribelle senza risparmiare colpi, trasformandomi in ciò che voleva lei “la Bestia” Anni di paure e lotte, mai una resa, pezzi che volavano via e soglie del dolore che aumentavano per sopravvivere e un pensiero costante e fisso occupava la mia mente creando un unico punto debole, il mio tallone d’Achille ma nello stesso tempo il carburante che mi impediva di fermare la corsa folle verso ciò che mi impediva di morire dentro.

Disposta a tutto e consapevole di tutti i rischi, sicura di non arrecarne e prostrata all’incognita malevolenza del male che si era impossessato della mia linfa vitale, sferrai un colpo da maestra al fianco della bestia sottoponendomi a una chemioterapia che lo portò a una latente resa temporale che mi permise di prendere tempo, rendendolo innocuo e dormiente, così da poter agire di soppiatto nel mio obiettivo. Un piccolo fagiolino cresceva dentro di me. Il sogno stava diventando realtà e con esso aumentarono la forza e la determinazione di portare fino in fondo il progetto di vita, la Tua,

Nove mesi in cui lo spazio tempo non ebbe misura, dove tutto venne cancellato e superato dalla positività che avvolgeva come un manto di speranza il cuore e l’anima, dove quel legame che ogni giorno maturava nel ventre faceva da scudo ad ogni avversità, ad ogni tentativo anche minimo di turbare quel miracolo della natura e della volontà che cresceva attaccato con tutte le sue forze dentro la tana, che con amore proteggeva  una vita che sarebbe poi stata la mia salvezza per tutti gli anni che mi aspettavano su questa terra,

Sapevo che il momento peggiore sarebbe stato dopo il parto, cesareo naturalmente e di ciò non mi importava nulla, sapevo che non correvi rischi ed eri sano, sapevo altresì che avrei potuto avere delle conseguenze, che la bestia avrebbe potuto volersi vendicare e risvegliarsi arrabbiata colpendomi in un momento di fragilità reclamando l’attenzione su qualche parte del mio corpo e chiedendo il pagamento della sua benevolenza momentanea,

Di fronte alle tue manine, al tuo viso, ai tuoi piccoli piedini, ai tuoi sorrisi e i tuoi pianti affamati, alle tue guance rosa e al tuo profumo di buono, la paura non ebbe il sopravvento e la forza creò uno scudo emotivo talmente inviolabile che la bestia si arrese a tanto amore e rimase dormiente nel suo angolo buio fermando il tempo della vendetta.

Sono passati 23 anni, lo scudo ha ceduto diverse volte, ho dovuto lottare, lasciare pezzi di me per strada, superare ostacoli fisici ed emotivi, cadere e rialzarmi, piangere e gioire ogni giorno della mia vita senza sapere se fosse l’ultimo ma ci sei tu amore mio, la mia forza e la mia medicina.

Non ho avuto il coraggio di ritentare e darti un fratello, sfidare la bestia è un atto di coraggio che merita anche una riflessione altruistica e responsabile. Ho vinto una battaglia ma potevo perdere la guerra e tu avevi bisogno di me come io oggi ho bisogno di te,

Tu sei il mio tutto, colui che mi fa alzare al mattino nonostante i dolori, tu che fai splendere le giornate uggiose e di sconforto, tu che mi dai ossigeno per respirare la vita che volevano rubarmi, tu sei l’universo in cui navigo sicura, tu sei il riflesso di ciò che io non ho potuto essere e tu sei l’eroe che ha sconfitto la bestia e che ogni giorno mi proteggi da lei.

La mia vita ha senso solo perché oggi tu sei il senso della mia vita, ed è per questo che ogni volta che ti guardo ho la certezza che i miracoli esistono, esistono davvero.

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Topinambur e l’amore al formaggio…racconto vincitore premio Jucunde Docet per bambini

 

Topinambur era un topo buffo e grassottello, ghiottissimo di formaggio, viveva in una gastronomia per scelta e per golosità. Era Re di una corte con diversi topi servitori che mandava in missione esplorativa prima di impugnare lui stesso la forchetta per ogni missione “FORMAGGIO”

Aveva capito che se non voleva essere cacciato via a scopate dal suo regno, doveva accontentarsi degli avanzi che venivano raccolti in una ciotola.

Nella gastronomia lavorava una ragazza giovane e bella. Era lei che metteva a fine serata gli avanzi di formaggio nella ciotola. Si chiamava Lisa e la sua voce era un canto dolce e soave e Topinambur passava il tempo ad ascoltarla. Aveva l’impressione che lei l’osservasse quando si affacciava dalla tana. Forse era solo una fantasia, umani e i topi non sono mai andati molto d’accordo.

Un giorno mentre aspettava l’ora della chiusura per andare a recuperare il suo bottino sentì il pianto disperato pianto della bella Lisa. Il cuore gli si accartoccio, non sapeva cosa fare.

Avrebbe voluto consolarla con parole gentili o prendere a pugni chi l’aveva fatta piangere, ma non poteva farlo lui era un topo e lei una splendida fanciulla triste. Sbadatamente fece cadere una scopa, la ragazza si voltò spaventata, ma lui lo era ancora di più.

  • Non temere, so chi sei, sei il mio topo ruba formaggio. Non ho paura di te sei così dolce ed educato.

Topinambur non ci credeva, lei l’aveva nutrito con gentilezza pur sapendo che era un topo!

  • Oh piccolo topo grassottello, sono sicura che mi capisci. Tu mi ascolti quando canto.
  • Certo che ti capisco e vorrei poterti dire tante cose. Oh, se solo potessi parlare! – pensò Topinambur.
  • Oggi sono molto triste e il mio cuore soffre tanto. Mi sono innamorata di Tommaso, lui mi guardava e io sentivo le farfalle e sognavo: io e lui su di un cavallo bianco come Cenerentola.

Ma oggi Rosa, con la sua bocca rosso ciliegia e le sue unghie laccate, l’ha invitato alla sua festa, e lui era tutto rosso in viso. Che dolore! Sono scappata senza riuscire a fermare le lacrime

Non è vero, non è vero io l’ho visto, ho visto come ti guardava, ho visto come arrossiva quando vi incrociavate qui nello stanzino, ho visto come ascoltava il tuo canto estasiato, ho visto l’amore io.

In quel momento la porta si apri, Tommaso entrò e si chinò su Lisa ancora in lacrime e la strinse. I loro cuori battevano forte facendo tremare muri, ma nessuno dei due aveva il coraggio di fare qualcosa.

Topinambur chiamò tutta la squadra di topi, spinsero un grosso scatolone dietro le spalle del ragazzo obbligandolo ad avvicinarsi sempre di più e finalmente lui la baciò. I topi squittirono e solo Lisa girò il capo e, per un attimo, guardò il suo amico topo e gli fece un sorriso dolce come il miele.

Topinambur era felice e aveva un’amica speciale che da quel giorno non piangeva più, anzi era tanto felice che gli dava doppia razione di formaggio e gli dedicava tante dolcissime canzoni.

E così tra canzoni, cuori innamorati e formaggio vissero tutti insieme felici e contenti.

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…La perfetta imperfetta…racconto finalista premio Bukowski…

Ti ho scelta come si sceglie un fiore tra milioni di altri bellissimi fiori, ti ho scelta per il tuo profumo di fresco e di pulito, come era la tua anima, ti ho scelta ma poco avrei potuto fare se tu non mi avessi guardato, dando al mio cuore speranza, ti ho scelta e ancora oggi dopo tanti anni ti risceglierei senza nessun’ombra di dubbio. Ma tu amore mio dove sei?

E’ una bellissima giornata di maggio, i colori dalla finestra sembrano un quadro dipinto di Monet, con le sue sfumature, il verde brillante, il cielo con qualche nuvola, tanta pace attorno. Sorseggio il mio caffè in solitaria mentre attendo il tuo risveglio, oggi voglio portarti al lago, lì dove eravamo soliti andare a sedere sulla panchina, tenendoci per mano in silenzio, mentre cercavamo di incrociare i pensieri, un gioco il nostro che ci faceva ridere, quasi mai pensavamo alle stesse cose, ma quelle poche volte che succedeva, erano sempre pensieri legati a noi due, al nostro passato e a ciò che ci aveva unito, e tu ti arrabbiavi quando i miei pensieri erano distratti, magari dal fatto che da lì a poco sarebbe iniziata la partita.

Non ti è mai piaciuto il calcio ed ora mi rendo conto, di quanto hai sopportato in tutti questi anni di supplizio forzato nelle mie serate sportive. Facevi finta di compiacermi, lo so, non sei mai stata brava a mentire, ti sforzavi e la dimostrazione erano quelle due rughette tirate ai lati della bocca, la tua bellissima bocca.

Non ti sei mai lamentata, forse avresti dovuto farlo, almeno ora avrei qualcosa a cui aggrapparmi per trovarti almeno un difetto. Si perché ora io non riesco a trovarti difetti. Forse li hai, forse li hai avuti, ma io innamorato perso me li sono persi tutti strada facendo.

Mi ricordo ancora quella volta che sono riuscito a portarti allo stadio, pioveva, eri spaventata da tutta quella gente, dalle urla dei tifosi, dallo spazio, cercavi per compiacermi, di fingere  entusiasmo ma peccato che sbagliavi sempre i tempi, eri dolcissima, tenera e smarrita nel tuo impermeabile giallo, sembravi un pulcino bagnato e ti stringevi a me guardandomi con i tuoi occhioni innamorati, penso che in quel momento, nessun uomo sulla terra potesse amare una donna come io stavo amando te.

Hai deciso di stare a casa, di occuparti di me e dei nostri figli Carlotta e Davide, volevi vederli crescere senza perdere neanche un respiro, hai lasciato il tuo amato lavoro da insegnante di sostegno e hai preso noi per mano sostenendoci uno per uno, in ogni nostra esigenza.

 

A ripensarci oggi, mi sento un po’ anzi molto in colpa per tutti i carichi che hai dovuto sopportare, ma non c’è stato un solo giorno in cui il sorriso non abbia sfiorato il tuo viso.

Litigavamo spesso, soprattutto per i ragazzi, ma dovevamo comunque e sempre fare pace, non sopportavi i silenzi e i musi lunghi, non volevi che andassimo a dormire con gli “insoluti interiori” come li chiamavi tu. Ma soprattutto non riuscivamo a dormire se il tuo viso non poggiava nell’incavo della mia spalla –  “cinque minuti e poi mi sposto”  -mi dicevi, ma poi ti addormentavi e io dolcemente ti adagiavo sul cuscino baciandoti la fronte e molte volte restavo a guardarti follemente preso dal movimento del tuo respiro e dal battito del tuo cuore nella notte.

Per me eri bella, lo sei ancora ora, la più bella creatura dell’intero universo, ma anche se così non fosse stato, nulla poteva importarmi i miei occhi vedevano solo una meravigliosa creatura la “perfetta imperfetta” come ti chiamavo io, ed eri mia.

Di te amavo il tuo modo di inventarti ogni giorno, non sei mai rimasta passiva, corso di cucina, con noi come cavie, yoga, per aiutarti a meditare e trovare la tua pace interiore, dipingevi, oddio a volte forse troppo, come quella volta che ti lanciasti nella camera dei ragazzi, trasformando le pareti in una foresta piena di animali, ricamavi, cucivi i vestiti per carnevale, e poi il giardino, le tue meravigliose rose, e le torte, i ragazzi ne andavano matti, e a dire il vero pure io.

Di te ho amato forse prima di tutto la tua testa, quel modo di esprimerti, di ragionare di voler vedere oltre le cose, il tuo modo perfetto di conservare ogni ricordo ogni pensiero positivo, si perché quelli negativi li eliminavi subito, ricordavi ogni cosa, ricordavi ogni parola, ogni luogo, e ogni volto.

Io dimenticavo persino la lista della spesa sul tavolo figurati. Ma tu nonostante tutto non mi rimproveravi mai, mi dicevi “l’ho scritta io vuoi che non me la ricordi? Si in effetti mi sono chiesto molte volte perché ti ostinavi a scriverla se tanto sapevi perfettamente a mente ciò che dovevamo comprare. ”Esercizio mentale scrivo e ricordo” – dicevi – già ho sposato un genio io, mica vattelapesca.

Comunque il fatto che alle parole crociate vincevi sempre tu, un pochino mi dava fastidio devo ammetterlo, alcune volte mi sono sentito alienato mentre tu non mi davi manco il tempo di leggere le domande. Oggi sono alienato dal dolore per non poterti chiedere risposte a domande che non so farti.

Mi fanno male queste mattine, alcune mi fanno male ancora di più, te ne sei andata dal mio mondo, e io per non morire sono dovuto entrare nel tuo, il mio cuore è come un sacchetto di coriandoli, pieno di colori, si i nostri, ma frantumato in mille piccoli pezzi, ogni giorno ne prendo una manciata e la spargo nell’aria con la speranza che tu possa raccogliere qualche frammento, che un barlume di reminiscenza torni a farti sorridere, torni a farmi guardare da te con gli occhi dell’anima, dell’amore, della vita…la nostra.

  • Buongiorno Maria, dormito bene?
  • Buongiorno Papà –
  • Ti ho preparato la colazione, oggi voglio portarti al lago, ti ricordi il lago?
  • Grazie, no io non sono mai stata al lago
  • Si ci sei stata ti ci ho portato l’altra settimana non ricordi?
  • No papà io non sono mai stata al lago

Non insisto mi arrendo. Ho imparato ad arrendermi ormai. Piccole cose, piccoli passi.

  • Perché andiamo al lago?
  • Voglio parlare con te sulla panchina, una panchina speciale, voglio raccontarti la storia di Andrea e Maria, li conosci?
  • No chi sono? Lei si chiama come me?
  • Si lei si chiama come te, ed ha due splendidi ragazzi Carlotta e Davide e pure due nipotini Mirko e Angela due angeli bellissimi
  • Che bello papà e io li conosco?
  • Si te li ho fatti vedere ieri sono venuti a trovarti, ti ricordi quei due ragazzi di ieri? E i bambini che ti hanno portato i dolci?
  • No io ieri ero a Messa, non c’ero io, peccato però, mi piacciono i bambini.
  • Non fa nulla Maria torneranno, torneranno ancora e ancora li vedrai Maria.
  • Ora finisci la colazione e preparati che usciamo.
  • Bello e dove andiamo?
  • Al lago Maria, al lago.

So che può sembrare un paradosso, ma il fatto che non mi abbia escluso completamente dalla sua vita, anche se con un diverso ruolo, mi fa sentire vivo, mi fa sentire ancora parte del suo universo, mi fa ancora sperare in quei pochi momenti in cui, prendendomi la mano, sento che passo da padre a marito, da marito nuovamente a padre, sento che il suo cuore mi appartiene e che io appartengo a quella parte nascosta nella sua testa che non morirà mai. Voglio credere che sia così perché l’amore è senza fine.

Oggi la giornata è bellissima, il sole caldo passa attraverso i rami degli alberi di olivi che circondano il lago, il silenzio è spezzato solo dal canto degli uccelli, la quiete è rassicurante e io sono fiducioso, oggi sento che forse Maria torna a trovarmi, spero, credo, ne ho bisogno.

Prima di uscire Maria ha letto i post it appesi sulla parete, sono i suoi non li ho mai staccati, speravo che leggendoli e rileggendoli qualcosa potesse rammentare, ma come tutte le mattine ha commentato: “però quante cose ha da fare la mamma oggi” e poi “ma la mamma non può più fare tutte queste cose, la mamma è andata via. Nascondo una lacrima.

Siamo in silenzio, oggi non ho la forza di raccontarti di noi, oggi non ho la forza di essere respinto, oggi ho solo bisogno di starti vicino e guardare il lago, respirare il tuo profumo e guardarti negli occhi, rubarti frammenti di anima e portarli a me, tenerti per mano e sentire il calore della tua pelle, oggi ho bisogno d’amore Maria, oggi ho bisogno di te.

Non so più cosa pensi, cosa provi, non so più dove hai messo il mio amore, eppure ce lo siamo detti Maria, – ti amerò finché morte non ci separi – perché mi hai lasciato solo? Perché?

La tua mano accarezza la mia, non mi illudo, ma ti sento, sento l’amore, non quello di una figlia, ma quello di una donna, la mia, sei tu amore mio, sei tu, sei tornata, sei accanto a me. La tua mano stringe la mia, i tuoi occhi guardano dentro i miei, il tuo amore ricompone i pezzi sparpagliati del cuore, i battiti fanno eco nello spazio immenso che ci circonda, ti sento Maria, ti sento e sei di nuovo mia:

  • Andrea, portami a casa, ho tante cose da fare oggi. Andrea ti amo.
  • Si vita mia ti porto a casa, le facciamo insieme tutte le cose…io ti amo ancora di più se possibile.
  • Stringimi Andrea non farmi andare via
  • Ti stringerò tutte le volte che vorrai, tutte le volte che tornerai, tutte le volte che me lo chiederai e anche quando non lo farai. Ti stringo Maria perché il mio mondo è attorno alle mie braccia, il mio mondo sei tu.

Siamo a casa Maria è di nuovo andata via, in quel mondo che solo lei conosce, ma non mi importa, domani la riporterò al lago e se anche non mi riconoscerà se per lei sarò suo padre, se non mi terrà per mano, io sarò lì ed ogni giorno l’amerò come il primo giorno, e ogni volta la corteggerò, la proteggerò, la  riporterò a me, e ogni volta la sposerò come se fosse la prima volta e questo folle amore non avrà fine, fino al giorno in cui l’ultima stella dell’universo si spegnerà e tutt’attorno regnerà il buio.

Ma anche lì amore mio la tua luce saprà far brillare ogni galassia e il mio amore per te ti seguirà nell’infinito. patty5

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un…due…tre…positivo… racconto da antologia Il nostro caro diario al tempo del Coronavirus PAV edizioni

 

Aiuto, aiuto

  • Amore che succede? Che hai fatto, perché stai piangendo?
  • Il virus, il virus
  • Il virus cosa, cosa vuoi dire, ti prego calmati non piangere, non capisco
  • Il virus mi ha colpita, sto male, sto malissimo
  • Stai male? hai la febbre. Dolori… non respiri… mio Dio dimmi mi stai facendo venire l’ansia…
  • No, no non sto male… non ho la febbre. Respiro, ora ho il naso intasato, ma respiro
  • Ma perché dici che il virus ti ha colpito? … perché piangi in questo modo? Sei spaventata… lo sono anch’io, ma amore siamo stati attenti… non usciamo da più di un mese. Non avere paura
  • Il virus mi ha preso qui, proprio al centro del cuore.
  • Al cuore? Ma che stai dicendo.
  • Sì, proprio al centro del cuore, dove conservo i ricordi più belli, i pensieri preziosi, le persone che amo. Questo virus mi ha portato via le cose importanti e non riesco a ritrovarle. Mi mancano, mi manca tutto gli abbracci, le carezze, la famiglia, la libertà. Sto morendo, sto morendo dentro.
  • Mi hai fatto venire un colpo!!!!! Già vedevo l’ambulanza ed io impotente lì a sperare… nella mano di Dio per rivederti. Non puoi farmi spaventare così, non potrei vivere senza di te e tu devi calmarti, nulla ti è stato portato via. Ci sono io e ci sono i ricordi, e ci sarà l’arcobaleno, la famiglia, gli alberi, il sole e gli abbracci, devi solo crederci e calmarti.
  • Vieni qui accanto a me e metti la tua mano sul mio cuore, ascolta il mio battito è per te, ruba il suo ritmo e rendilo tuo, trasporta il cassetto della memoria al cuore e poi viceversa e respira amore, respira con tutto il fiato che hai.

Eravamo al mare ricordi, quel giorno ti eri fatta due trecce come una bambina spiritosa, il sole accarezzava la tua pelle bionda e sudata e i tuoi occhi erano del colore del mare, ridevi ed eri sciocca perché quella mattina ti eri svegliata di buon umore e con una leggerezza dentro che annullava ogni età e ogni limite. Stavi seduta sulla riva e mi hai chiesto il secchiello e la paletta, non avevamo un secchiello e una paletta, non avevamo bambini ma tu mettesti il broncio ed io ti comprai il secchiello e la paletta e nel dubbio anche un set completo di formine, mi sentii scemo, ma ti amavo talmente tanto che non osavo contraddirti, soprattutto quella mattina dove il sole era un brutto anatroccolo al tuo confronto.

  • Facciamo un castello – mi dicesti
  • Un castello?
  • Si un castello dove tu mi porterai a vivere e dove ci saranno tanti cavalli, fiori, animali e bambini.

Già i bambini, tasto dolente.

  • Non ho la più pallida idea di come si fa un castello, da piccolo al massimo facevo la pista per le palline, non ho mai fatto un castello.
  • Non può essere difficile, lo fanno tutti i bambini con i loro papà il castello delle principesse
  • Eri talmente convincente e piccola in quel momento che mi prestai a quel gioco così infantile, ignorando il mondo attorno perché tu eri il mio mondo.

Vedi li eravamo io e te e lo siamo ancora in un ricordo indelebile, e come tale viene fuori devi solo cercare il cassetto e aprire la strada alle emozioni, eravamo io e te e lo siamo ancora nulla è cambiato, nessuno ci ha rubato i ricordi, respira amore e porta i ricordi a rattoppare quell’angolo del cuore che ora ti fa male.

 

  • Mi ricordo del mare e di quella giornata così buffa e di te che non sapevi da che parte iniziare, e la torre, che dopo mille tentativi sei riuscito a fare, ma che sembrava più quella di Pisa per quanto era storta, e le risate, la sabbia da per tutto e il ragazzo del cocco bello.

Sai mi ricordo, ora mi ricordo, ho trovato il cassetto e il cuore mi fa meno male.

Vedi nessuno può rubarti i ricordi, sono dentro di te, questo che poteva essere nascosto come quelli più intensi e importanti, sono storia, la tua, la nostra, quella di chi l’ha vissuta con noi, sono ciò che noi siamo ora, sono la nostra valigia del cuore.

E poi amore, se ti guardi allo specchio puoi vedere tutto il tuo passato perché è lì davanti a te e si riflette nella donna che sei, ogni espressione, ogni ruga, ogni sfumatura racconta il passato, la vita i momenti belli e pure quelli brutti, le lotte e le gioie, gli amici, la famiglia, le persone, le cose ed io che ancora percorro e voglio percorrere la tua strada fino alla fine del tempo.

  • E ora, ora mi stanno rubando il tempo, ora mi hanno fatta prigioniera come posso aggiustare questo pezzo di cuore, il mio presente chiuso, come posso prendere lembi d’amore per curarlo, lo so ho il tuo amore ma mi manca l’amore del mondo, delle persone, della vita stessa e sanguino profondamente perché vorrei avere ancora quelle emozioni, mi mancano come mi mancano le mie nonnine, la passeggiata al parco, il sorriso delle persone e gli alberi si mi mancano gli alberi.
  • Tu sei una persona fortunata, hai nella tua valigia un sacco di cose belle, tu conosci gli alberi perché li hai guardati, hai guardato i tramonti, hai sorriso alle persone e hai accudito le tue nonnine, hai passeggiato nel parco annusando i fiori e hai visto la natura germogliare, hai amato il mare e il suo rumore, la montagna e il suo silenzio, il ticchettio della pioggia sotto le lenzuola e l’odore dell’erba bagnata, hai riso e pianto guardando un film. Tu amore mio sei ricca, di quella ricchezza che molti vorrebbero oggi avere, perché mai hanno dato valore a ciò che tu hai sempre amato. Tu sei il presente e nessuno può rubarti ciò che sei e che dai anche con la lontananza. Quando tutto questo sarà finito le persone ti ameranno ancora di più perché sapranno comprendere che tutto quello che raccontavi loro era ciò che loro hanno imparato oggi, e guarderanno il mondo con occhi diversi con i tuoi stessi occhi e finalmente capiranno l’importanza di ogni piccola cosa.
  • Tu dici così perché mi ami, ma se invece la gente cambiasse in peggio, se dopo tutta questa clausura diventassero tutti più cattivi, diffidenti, lontani, in fondo non potremmo più abbracciarci per tanto tempo, dimmi come può esserci amore senza abbracci, senza baci, senza fiducia, mi fa male pensare a questo, mi rende triste e insicura.

Questa sera ti ha preso proprio male, comunque no non potrà essere così perché peggio di prima non potremmo stare, è vero ci saranno le distanze, le mascherine, un po’ di diffidenza, pochi e intimi abbracci, niente strette di mani, che poi io non le ho mai sopportate, tra l’altro, ma ci saranno i “prego”, gli “scusi” le file e il rispetto, la cura dell’ambiente, la solidarietà. Ci saranno gli sguardi che racconteranno tutto e la gente imparerà a guardare non il colore di un rossetto ma il profondo degli occhi.

Ci saranno meno sprechi e meno file per l’ultimo modello di cellulare, ci saranno le parole quelle che non hai mai scambiato con il tuo vicino.

  • Voglio crederti, si voglio proprio credere che sarà cosi, perché è il mondo che vorrei, quello che ho sempre voluto, perché se penso al contrario non tutto non avrebbe senso, anche questa reclusione forzata non avrebbe senso. Quindi si amore voglio credere che tu mi stia dicendo tutto questo non solo per consolarmi ma perché ci credi, e se ci credi tu ci credo pure io e riparo un altro pezzo di cuore.
  • Ora vieni che abbiamo una cosa importante da fare o te ne sei scordata?
  • Oddio è vero che stupida mi sono fatta prendere dalla paura e dall’ansia e non mi ricordavo più che oggi potrebbe essere un giorno importante. Non so se sono pronta, oggi non potrei sopportare una delusione, oggi potrei anche crollare del tutto. Ho ancora il pezzo di cuore con il futuro che sanguina.
  • Rimandare sarebbe peggio, e poi anch’io ho bisogno di sapere. Ho bisogno di ossigeno. Credimi non sono un supereroe sono solo un uomo, innamorato ma pur sempre un uomo,

 

Minuti interminabili scandiscono il ritmo accelerato di due cuori impazziti, il silenzio che già regna da giorni e giorni diventa quasi come se stessimo avvolti in un’ovatta, completamente isolati ove ogni respiro sembra una tromba e ogni battito un tamburo.

Io e te. Noi due, una casa, e fuori il covid19 il nemico.

  • Io non ho il coraggio guarda tu…
  • No guardiamo insieme io non ci capisco nulla
  • Uffa però, ho la vista annebbiata e le mani che tremano
  • Rilassati dammi la mano, chiudiamo gli occhi e al tre guadiamo insieme

UNO DUE TRE…POSITIVO…

  • Ecco il futuro, ecco chi aggiusterà il tuo pezzo di cuore mancante, ecco chi ti farà smettere di piangere ecco chi ti darà la forza per ricominciare.

Questo è un dono di Dio, questo è il nutrimento per la tua anima.

E se un domani vorrai raccontargli come e quando è stato concepito, raccontagli che il mondo si è fermato per permettere a lui di venire al mondo e che nel silenzio due anime l’hanno talmente desiderato da sconfiggere le paure e un terribile mostro chiamato CORONAVIRUS. patty5

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ordinabile sul sito PAV EDIZIONI i proventi  saranno devoluti alla Protezione Civile per la lotta contro il Coronavirus.

La libertà non è star sopra un albero…la libertà è fidarsi di sé stessi sopra un albero…

 

Libertà è una parola che spesso associamo a una costrizione fisica, quasi una forma di carcerazione, forse non ci siamo mai, come in questo periodo, soffermati anche solo a sillabare la parola LI BER TA’. facendola vibrare attraverso le corde vocali ed espandendola in tutto il corpo. Abbiamo sempre considerato la condizione di pensiero e di movimento come libertà personale ed individuale, senza mai porci il problema che essa potesse essere dominata da estranei se non per colpa nostra.

La condizione di rinchiusi sotto dominio di un minuscolo invisibile nemico chiamato COVID19, ci porta a stare su di un albero senza la scala per scendere, quindi le cose sono 2: o resti sull’albero nell’attesa che qualcuno ti porti una scala o cerchi di scendere senza farti del male, e nel farlo, in caso della seconda ipotesi valuti tutti i rischi che ciò comporta.

Ma stando sempre sull’albero, si può avere una visione ampia, anche se limitata, avendo molto tempo per riflettere ed ascoltare le voci che arrivano dal basso. Ora se io resto sull’albero isolato dal mondo e lontano dal virus sono salvo, ma sono solo, se sono solo, sono depresso, se sono depresso mi si annebbia il cervello, e se mi si annebbia il cervello cado dall’albero e muoio. Sono morto per il coronavirus.

Ma se scendo e sto in mezzo alla gente, con la mascherina, la guardo ma non la tocco, la saluto ma non abbraccio,metto i guanti, lavo le mani, metto la mascherina, tolgo la mascherina, rilavo le mani, metto l’amuchina (se la trovo) mi riempio di alcol, che per un accendino sarebbe una giornata di festa. Ma, ma, ma… e nel frattempo il coronavirusdellemiescatolequadrate…per non dire altro se la ride.

La libertà inizia dentro di noi, dalla capacità che abbiamo di dare valore alla vita altrui ancor prima della nostra, la libertà è un sentimento nobile verso un dono che ci è stato dato e che noi fino ad oggi abbiamo trattato come qualcosa di scontato, la libertà  siamo noi ,quando guardandoci riflessi non vediamo un volto, un corpo o un’espressione ma vediamo la profondità di un sentimento che supera ogni barriera e che scende e sale dall’albero ogni volta, ed ogni volta con la consapevolezza di potersi fare male, ma con il coraggio di provare senza per questo fare del male a nessuno.

La paura uccide la volontà, la volontà morta uccide l’essere umano rendendolo schiavo della paura e la paura fa più danni di qualsiasi virus esistente al mondo.

Forse sarebbe meglio associare la parola Libertà a Responsabilità affinché il connubio possa finalmente far uscire di casa le persone con un’altra grande parola carente nel vocabolario umano il RISPETTO. patty5

uomoalbero

 

LA PAURA E IL CONDIZIONAMENTO MENTALE…GLI EFFETTI NEGATIVI IN PATOLOGIE AUTOIMMUNI E NON SOLO…

 

L’essere umano è stato creato, oltre che del corpo, di una mente e in una parte di questa si trova posizionata una ghiandola che regola le emozioni. Questa piccola ghiandola chiamata amigdala è un elemento fondamentale poiché impedisce al corpo di essere un automa privo di sentimenti e sensazioni. A nulla servirebbero i 5 sensi se con ognuno di esso non potessimo provare stimoli come il freddo il caldo e ciò che ci provoca, l’odore di un fiore e i ricordi che suscita, un rumore che evoca gioia o spavento, il tatto delicato di una carezza che stimola una vibrazione, o il guardare il tramonto e sentire un senso di pace.

Tutto questo viene generato dalle emozioni belle o brutte che esse siano, ed è qui che in questo brutto periodo si concentrano tutte le nostre ansie, annebbiando tutte le sensazioni positive e mandando stimoli negativi che influiscono inevitabilmente sul nostro corpo.

In questo periodo di quarantena sono state scoperte altre forme di emozioni umane magari sopite dalla quotidianità e accantonate in angoli nascosti, ma resta il fatto che alla base di queste distrazioni quotidiane, dal cucinare, al cucire, al leggere, al guardare un bel film rimane un sintomo primario che attira in ogni momento la nostra attenzione ed è il sintomo più devastante LA PAURA.

La paura come elemento dominante è devastante al pari di un attacco a sorpresa dal quale se ne esce sconfitti per mancanza di armi di difesa. La paura genera ansia, l’ansia scatena il cortisolo, il cortisolo si riversa nel sistema immunitario il quale a sua volta potrebbe scatenare reazioni alle patologie autoimmuni.

Come superare l’ostacolo paura? Difficile e molto personale ma non impossibile. Innanzitutto bisogna lavorare su noi stessi e sui segnali che il nostro corpo ci manda conoscendo la nostra situazione e la nostra patologia, evitare di lasciarci condizionare da ogni notizia negativa, da voli mentali nefasti e da previsioni negative. Il rischio per gli autoimmuni è pari al rischio di un soggetto sano anzi forse (in base alle nuove disposizioni di cura Covid) ancora meno se si sta assumendo immunosoppressore o idrossiclorochina poiché questi farmaci fanno parte della terapia domiciliare

Questo non vuol dire che non ci dobbiamo pensare e dobbiamo abbassare la guardia,ma semplicemente che non deve diventare il nostro incubo quotidiano o il motivo per scatenare sintomi che normalmente non abbiamo o che in condizioni normali, riusciamo a gestire con la positività

Il pensare costantemente che non vogliamo prendere il virus, agisce secondo la legge d’attrazione esattamente al contrario, questo non vuol dire che prenderete il virus ma certamente non vi aiuta a vivere serenamente e ad affrontare questi giorni difficili per tutti, molto più difficili  per gli autoimmuni, che non possono contare neanche sui punti di riferimento (i medici) che comunque fanno da barriera protettiva per le emozioni. Il sapere di poter contare in un medico nel momento del bisogno fa sì che non ce ne sia bisogno.

Oggi questa certezza ci è negata, e questo è ulteriormente motivo di ansia e paura. La lingua va dove il dente duole…quindi la paura va dove trova il vostro punto debole e in questo caso sul nostro sistema immunitario scatenando reazioni che in condizioni normali non verrebbero fuori.

E ‘la paura il nemico non il virus. Al virus bastano le mascherine, i disinfettanti, la distanza sociale…alla paura serve una bella dose di ottimismo e di forza di volontà per sconfiggerla e rendervi più combattivi e forti.

Se avete problemi contattate il medico di base e il reumatologo che vi segue, evitate se potete di andare in ospedale se le visite sono solo di controllo si possono rimandare o fare esami in centri convenzionati sicuri e inviarle via email al reumatologo se si necessita di un cambio terapia, non sospendete le terapie se non sotto indicazione medica, non assumete farmaci su consiglio che non sia del proprio terapeuta.

State il più possibile serene, uscite per fare la spesa senza timore e con le dovute precauzioni, sorridete, amatevi e ricordate che le nostre battaglie sono molto più impegnative di un virus, le nostre battaglie sono costanti, limitanti e per tutta la vita e se non ci ammazzano quelle non ci ammazza un virus arrivato da chissà dove con quali pretese,

Positività, amore, voglia di vivere, resilienza e un rossetto rosso Chanel n. 22 un abbraccio a tutti (virtuale si intende) PATTY5

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…una storia nella storia…la quarantena, i libri e la gioia di vivere… LA TEMPESTA racconto di Ludovica Fusca…

LA TEMPESTA
All’improvviso, il mondo si è fermato.
La mia vita (in realtà non credo solo la mia…) è stata stravolta. Non potevo
più andare a scuola, vedere i miei amici o uscire di casa e i miei genitori
smisero di andare a lavorare.
Restare chiusi in casa per una bambina di otto anni è come una condanna.
La mia vita all’interno delle mura domestiche non esisteva… e sembrava
così noiosa! Ma sia i miei genitori che Lucia, la mia sorella maggiore, mi
dicevano di portare pazienza, che prima o poi sarebbe finita se tutti
fossimo rimasti in casa e che per il momento né io, né Lucia né nessun
altro aveva il permesso di vedere gli altri. Ma non capivo bene il perché…
c’era una tempesta in arrivo?
Una sera lo chiesi a Lucia, che rise non appena sentì la mia teoria.
“Ma no, sciocchina!” mi disse, “è che in giro c’è un male che ancora non
conosciamo bene. Per qualcuno è fatale e siccome si sta cercando di capire
di cosa si tratti dobbiamo restare a casa. In questo modo eviteremo di
ammalarci anche noi o di trasmettere il male agli altri.” Lucia mi spiegò
anche come funzionano dei piccoli esserini cattivi chiamati virus. Ho
pensato che devono essere proprio cattivi! Chissà come mai fanno del
male…
“Quindi non ci dobbiamo preparare all’arrivo di una tempesta?” le chiesi.
“Be’, in un certo senso sì, ma non il genere di tempesta che intendi tu”
rispose. “Che ne dici, mangiamo le patatine guardando un film?”
Quella che i miei genitori e Lucia chiamavano quarantena era molto
noiosa. Dopo giorni passati a giocare e a guardare la TV non ne potevo
più. Volevo uscire! D’altronde i bambini ne hanno bisogno! Volevo essere
libera, libera di correre nei parchi, di giocare a pallone e di andare a
scuola! Sì, mi mancava la scuola! Ed ero arrabbiata perché uno di quei
virus non mi permetteva di fare quello che volevo!
Una sera capii perché era il virus a decidere: si chiamava coronavirus. Era
quindi un re, ma un re cattivo, che ci aveva ordinato di non uscire
altrimenti saremmo morti tutti!
Ma anche Lucia non ne poteva più. Lei ha diciotto anni e le sarebbe tanto
piaciuto andare a fare una passeggiata…
Una volta, dopo pranzo, andò a buttare la spazzatura. Chiesi a mamma se
potevo andare con lei e mi diedero il permesso, purché non mi staccassi da
lei. Io sono una bambina obbediente e feci come mamma mi aveva detto.
Era primavera, io fiori stavano sbocciando e l’aria era frizzantina… e mia
sorella aveva l’allergia. Papà diceva che soffre di una cosa detta asma e per
questo tossiva.
Non appena fummo fuori Lucia iniziò a tossire un po’. Buttammo il sacco
nel cassonetto e ci fermammo un momento a guardare gli alberi.
Un signore stava camminando e io pensai: “Perché lui può uscire e noi
no?”, ma qualcosa lo colpì. Si girò di scatto verso di noi e guardò Lucia,
che stava tossendo, spaventato. Poi le disse: “Mi dispiace per te” e corse
via. Lucia era sbalordita e io mi chiedevo cosa volesse dire quel signore.
“È solo asma…” urlò lei, ma lui era già lontano.
Una volta alla TV avevo visto un sacco di persone ammucchiate fuori dai
supermercati, e mi chiesi di nuovo perché non potevo uscire. Ero
disperata!
Poi mia sorella entrò e spense la TV. Si sedette sul divano accanto a me e
vidi che aveva un libro in mano. Ero incuriosita.
“Voglio raccontarti una storia” disse Lucia, e mi mostrò il libro: La
Tempesta di William Shakespeare. Era famoso! Chissà di cosa parlava quel
libro?
“Inizia con ‘C’era una volta’, vero?”
“No.” Come poteva una storia non iniziare con ‘C’era una volta?’
“Inizia con un naufragio” mi disse Lucia. Che cosa triste!
“Ma non è da qui che voglio partire. Tanto tempo fa, a Milano vi era un
duca e mago di nome Prospero…’’
“Ma c’è anche una principessa in questa storia?’’ Chiesi io impaziente.
“Sì, c’è una principessa’’
“E Prospero usava la magia?’’
“Sì, Prospero usava la magia. Antonio, il fratello di Prospero, gli rubò la
corona! E Prospero e sua figlia Miranda, la principessa della nostra storia,
furono esiliati su un’isola abitata da tanti spiritelli… riesci a
immaginarla?’’
Io chiusi gli occhi e le dissi: “Sì, riesco a immaginarla! Ma è piccola o
grande?’’
Lucia rise. “E’ come la vuoi tu. Tra questi spiritelli c’era Ariel, servitore di
Prospero, che aspirava tanto a riavere la sua libertà. Poi c’era Caliban, che
oltre ad essere schiavo, era figlio di una strega, ed era veramente brutto!’’
Io feci una smorfia immaginando il brutto Caliban.
“Vicino all’isola ci fu un naufragio, provocato da Prospero.’’ continuò
Lucia “A bordo della nave c’erano Antonio, il suo complice Alonso con
suo figlio Ferdinando, Sebastiano e Gonzalo, che aveva invece aiutato
Prospero a fuggire. Prospero, grazie alla sua magia, separò i superstiti. Ma
sull’isola c’erano anche… Trinculo e Stefano! Due marinai. Degli
ubriaconi! Loro cercavano il vino sull’isola! E… oh, ma che sciocca! Mi
sono dimenticata di dirti che Alonso era il re di Napoli! E Ferdinando suo
figlio era un principe.’’
I miei occhi si illuminarono: “Ma allora il principe sposa la principessa!’’
“Cosa ti racconto a fare le storie se già sai come andranno le cose?’’
“Oh no, ti prego! Continua a raccontare!’’
Lucia si finse offesa, ma rise e disse: “E va bene! Sì, Miranda e
Ferdinando infatti si innamorarono a prima vista… e alla fine si
sposeranno unendo i loro regni. Nel frattempo, i malefici piani di Antonio
verranno a galla. Be’, alla fine della storia ognuno avrà ciò che si merita:
Prospero tornerà ad essere il duca di Milano, Miranda e Ferdinando
staranno insieme e i cattivi della nostra storia saranno perdonati… Stefano
e Trinculo… loro non faranno un gran figura! Caliban, maltrattato dai due,
comprende la nobiltà d’animo di Prospero e gli giura fedeltà. Infine non
dimentichiamoci di Ariel… renderà un ultimo favore a Prospero: mare
calmo per la nave che lascerà l’isola. Dopo di che, sarà libero. E poi leggi
qua! Prospero chiede al pubblico di liberare gli attori con un applauso!
Non trovi che sia bellissimo? Veramente tutti fanno parte della storia, e
tutti svolgono un compito importante!’’ Lucia poi sospirò sorridendo.
“Giochiamo alla Tempesta?’’ le chiesi io.
“Amelia, non ho voglia di giocare.’’
“Ma io sì! Leggiamo il libro e nel frattempo giochiamo!’’, ma lei proprio
non ne aveva voglia. “Ti preeeego sorellona!’’
Alla fine si arrese.
“E va bene, ma a due condizioni: stasera mi lascerai leggere tranquilla i
miei libri…’’
“Sì lo prometto!’’
“e poi voglio che tu rifletta: non ti sembra che quello che stiamo vivendo
adesso e La Tempesta siano molto simili?’’
Non capivo cosa volesse dire.
“Pensaci: la tempesta non è forse l’emergenza che stiamo vivendo? Siamo
naufragati, forzati a rinchiuderci nelle nostre isole… o case. Come Ariel
aspiriamo alla nostra libertà che ci manca terribilmente… siamo arrabbiati
come Caliban! Guardiamo gli altri con sospetto… ma siamo in grado di
perdonare e la nostra gioia di vivere, la stessa che anima Trinculo e
Stefano, ci aiuta a tenere duro! E alla fine, l’amore vincerà, e noi
torneremo ad essere liberi! Non smettere di sperare, piccola!’’, poi mi tirò
la guancia sinistra. Odio quando fa così, e lei lo sa benissimo!
“Dai, vuoi venire con me a scegliere un libro dopo cena?’’
Mi divertii un sacco giocando alla tempesta con mia sorella.
E durante quella quarantena forzata scoprii anche la magia di evadere
attraverso i libri.
Ludovica Fusca, 18 anni, studentessa, OrbassanoStorm Dennis hit with strong winds across the UK

 

…intestino e polmoni piccole regole per aiutare l’organismo a superare lo stress di questi giorni difficili…

Iniziamo dalle basi fondamentali per aiutare il nostro organismo a superare meglio questo periodo difficile per tutti ma soprattutto per chi soffre di patologie autoimmuni e respiratorie.

Le basi fondamentali per aiutare in maniera naturale il nostro corpo in queste giornate di quarantena sono legate principalmente a un buon funzionamento intestinale a una buona pulizia delle vie respiratorie, polmoni e cavita orofaringee. Lo stare a casa ci porta inevitabilmente ad abusare di cibi che normalmente non introduciamo nella nostra alimentazione quotidiana o per lo meno non tutti insieme. Questo può creare dei problemi all’intestino costretto a lavorare in maniera eccessiva e al fegato affaticato per lo smaltimento stesso delle sostanze ingerite. La buona regolarità intestinale è necessaria e fondamentale per far sì che non si formino batteri che potrebbero creare delle infezioni e i famosi mal di pancia. L’ intestino inoltre è considerato il nostro secondo o addirittura per alcuni il primo, cervello. Tutto parte da lì, se lui sta bene tutto il corpo ne beneficia. Calcolate e prendete in considerazione inoltre che l’intestino contiene il 70 per cento del sistema immunitario quindi è proprio da lì che comincia la nostra salute generale. Molte patologie immunitarie partono proprio da un deficit dell’intestino, stipsi, diarrea, colon irritabile, morbo di crohn ecc… Inoltre la nostra personalità e il nostro umore dipendono proprio dalla salute della flora batterica e dalla serotonina (ormone del benessere) che viene prodotto per il 95 per cento dall’intestino.

Alimenti che sono dannosi e perché:

  • i medicinali responsabili dei batteri buoni tipo antibiotici e vaccini poiché possono rimanere permanentemente nell’intestino
  • zuccheri raffinati e alimenti ricchi di zuccheri che alimentano i batteri cattivi prevaricando su quelli buoni causando mutazioni batteriche come nel caso della Candida, inoltre è infiammatorio per le pareti perché può creare un ambiente acido
  • farine raffinate (farina bianca) possono creare incrostazioni all’interno della parete intestinale prolificando così batteri e tossine che creano un luogo ideale dove accumularsi
  • cibi non salutari i così detti industriali o fast food che contengono conservanti ed esaltatori di sapidità
  • occorre masticare molto bene e non ingerire bocconi interi che rallentano la digestione causando fermentazione e putrefazione –

I sintomi per riconoscere se un intestino è in sofferenza sono:

intolleranze alimentari-stitichezza o diarrea- digestione lenta- carenza di nutrienti- gonfiore-stanchezza-umore pesante- tendenza ad ammalarsi facilmente- alito pesante- candida-emorroidi-diverticolosi-malattie in attivazione nei punti deboli soprattutto chi ha patologie autoimmuni già in corso.

Come tenere pulito l’intestino oltre a quello consigliato sopra

.A parte i metodi un po’ invasivi come lavaggio del colon e Enteroclisma i metodi più sani e naturali sono gli estratti di frutta e verdura: il succo di carota e spinaci è uno dei più indicati per ripulire l’intestino, i semi di lino sono ottimi spazzini intestinali poiché lubrificano le pareti, vanno tritati e macinati messi in un bicchiere d’acqua tiepida e lasciati riposar e la notte la mattina bere tutto il contenuto. Semi di chia creano un gel nell’intestino che pulisce le pareti dalle scorie possono essere messi anche nell’insalata o cibi crudi.   I principali alimenti naturali per purificare intestino: broccoli, spinaci, verza, prezzemolo, rucola, cicoria, cime di rapa e lattuga (verdure ricche di clorofilla)cipolla, aglio, alimenti probiotici lactobacilli e alimenti prebiotici contenenti fibre quali frutta come mele e kiwi, fragole e agrumi. Aceto di mele da sostituire all’aceto di vino che favorisce la prolificazione dei batteri buoni- Tisane a base di senna o malva, finocchio curcuma, ma anche the verde con limone a pezzi e zenzero per chi può prenderlo anche la tisana alla liquirizia è un ottimo depuratore attenzione però perché la liquirizia alza la pressione e non tutti possono utilizzarla. BERE ALMENO 8 BICCHIERI DI ACQUA AL GIORNO. Evitate se potete tutti gli integratori composti chimici che non garantiscono le giuste cautele per intestino e per la sua regolare funzionalità.

Ora passiamo ai polmoni che in questo periodo sono al centro dell’attenzione vista la situazione in cui ci troviamo quindi è necessario dedicargli molta attenzione e cura.

Più o meno la dieta per l’intestino resta valida anche per i polmoni integrando alcune regole che facilitano la pulizia anche del muco principale responsabile delle infezioni respiratorie.

Eliminare i latticini che vengono assimilati molto lentamente dal corpo e producono muco nell’organismo, gli zuccheri idem. L’acqua calda favorisce lo scioglimento e il drenaggio delle tossine, per questo è consigliato di consumare bevande calde durante la giornata principalmente a base di zenzero, cannella, pepe di cayenna, curcuma, chiodi di garofano, cumino, anice stellato, alcune possono essere consumate anche nei cibi sono ottimi antiinfiammatori naturali e drenanti di muco. Il miele ottimo alleato per dolcificare ogni bevanda.

Una colazione con un succo di carota e spinaci insieme è una vera meraviglia per i vostri polmoni anche se non proprio invitante. Succo di pompelmo (attenzione lontano dall’assunzione di medicinali poiché ne annulla l’effetto) e succo d’ananas sono antiossidanti attivi che sciolgono il muco. Succo di mirtillo che attiva anche la circolazione visto che in questi giorni costretti a stare a casa. Per chi ne avesse o puo’ procurselo in farmacia o erboristeria i Sali di Epsom /detto anche sale inglese/ nell’acqua del bagno eliminano le tossine attraverso la pelle e la sudorazione.

E poi come dai tempi che furono i suffumigi che si possono fare solo con acqua e bicarbonato con foglie di rosmarino o con olio essenziale di eucalipto o menta da 5 a 10 gocce respirando con un asciugamano sulla testa.

Una regola per i fumatori è necessaria, sappiate che chi fuma ha un fabbisogno maggiore di vitamina C perché il fumo neutralizza i radicali liberi e la quantità che ingeriamo quotidianamente non è pari a chi non fuma, quindi a maggior ragione vanno consumati cibi che la contengono ( 1 kiwi è pari al fabbisogno giornaliero quindi proporzionalmente fate voi integrando un kiwi con un agrume e con una lattuga avrete la dose necessaria per contrastare la carenza)

Altro consiglio utile è tenere le vie respiratorie pulite con lavaggi nasali con acqua e sale tramite supporto apposito facilmente acquistabile ed economico o soluzioni saline acquistabili in farmacia, effettuare gargarismi disinfettanti per la gola anche con solo acqua e aceto.

Tutto questo è valido non solo in questo periodo particolare ma anche per evitare semplici influenze o raffreddori stagionali.  Ora non avete più scuse siete a casa prendetevi cura del vostro corpo e lui vi ringrazierà soprattutto evitate di accumulare tensione e stress che sono i primi nemici in questo momento di gravi difficolta per chiunque ma soprattutto per chi deve gestire già di suo una patologia.

Più tenete il vostro corpo in condizioni ottimali più probabilità avete di non contrarre infezioni e malattie di qualsiasi genere e soprattutto di non scatenare quelle già esistenti.

Non guardate la tv in continuazione con notizie che allarmano tenetevi aggiornati la sera e per il resto cercate di distrarvi ascoltando musica, leggendo e cucinando piatti genuini che appagano il corpo e l’anima-

ANDRA’ TUTTO BENE SE CI VOGLIAMO BENE…PATTY 5

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Un angelo tra le nuvole…l’anoressia non è pazzia, ma una malattia dell’anima.

 

Quante volte ho guardato al cielo
ma il mio destino è cieco e non  lo sa…(Renato Zero)

Mai ho visto un cielo così azzurro, piccole e sparse nuvole morbide e soffici mi accarezzano dolcemente, sono leggera come una piuma, no non voleva essere una metafora e che ora tutto il peso che mi portavo nel cuore fluttua leggero così come la mia anima.

Sono Fabiola ed ho 26 anni, già dal primo vagito ho mostrato il mio carattere deciso e ribelle, ero la prima figlia e questo ha destabilizzato i miei genitori. Dormivo poco, strillavo tanto, il che faceva pensare ad una futura carriera canora ma così non fu.

Comunque visto che non danno in dotazione un manuale delle istruzioni ai neo genitori, superarono questo primo scoglio alternandosi nel tenermi in braccio, posto per me alquanto confortevole.

I primi problemi li ho creati nel momento in cui quelli strilli dovevano essere modificati in parole e frasi di senso compiuto, quindi ad iniziare dalla materna si evinsero le prime difficoltà per proseguire alla primaria, dove era necessario applicarsi nei vocaboli, qualcuno anzi ancor prima mia madre, insegnante appunto, si rese conto che qualcosa non andava.

E fu lì che incontrai per la prima volta un camice bianco. Il primo di una lunga e infinita serie.

Fu anche l’inizio di un sentimento che a quell’età non riconosci, il bullismo, le prese in giro, gli scherni, l’allontanamento. Emozioni e rifiuti che inconsciamente ti porti dentro come ferite che non rimarginano mai ma che appaiono nel corso della tua esistenza come pugnali minacciosi.

Ero piccola ma è proprio a quell’età che non si dovrebbe conoscere il dolore, l’odio, la rabbia, la cattiveria, le differenze, l’indifferenza. Ed è proprio a quell’età che dentro un cassetto si ripone il torto subito e si apre il rifiuto. Quel sottile filo tra fantasia e realtà che ancora oggi le persone non comprendono.

Certo che io proprio fortunata non lo sono stata, a 12 anni poco prima della famosa fase adolescenziale mi beccai una broncopolmonite da urlo, sai quelle che stroncano un cavallo, risultato una vagonata di medicinali compreso il cortisone che mi fece assumere le sembianze di un pesce palla, arrivai a mangiare ogni cosa fosse commestibile fino a pesare 80 kg, mia madre avrebbe potuto tappezzare una parete con le carte delle caramelle gommose. Oggi non so se fosse solo colpa del cortisone o se già il cassetto del torto si era aperto facendomi entrare nella fase del “che me ne importa, faccio ciò che voglio”.

Sta di fatto che dovevo iniziare le superiori e questa cosa mi inquietava non poco. Tutte ste vamp semi modelle, con la puzza sotto il naso, magre e appariscenti fecero in modo che la mia autostima scendesse al di sotto del piano terra di almeno due livelli.

C’era solo un modo perché potessi risalire, dovevo smettere di mangiare.

E fu li inconsapevole del danno che stavo per creare che venne fuori nuovamente il mio essere “fai da te”. Piena della mia convinzione di dovermi riscattare ad ogni costo dei torti subiti, incominciai a guardarmi come realmente ero e piano piano ad immaginarmi come avrei voluto essere.

Dentro di me avevo veramente accumulato mentalmente ogni sofferenza e inconsciamente iniziai a riversarla in quello che consideravo non più un corpo ma un involucro tutto il mondo attorno non mi apparteneva e le parole che mi venivano dette erano sospiri di vento passeggeri e inutili al mio obiettivo.

Non so come sia iniziato, mangiavo poco o niente e solo quello che volevo io, facendo impazzire mia madre che ogni giorno cercava di propormi cibi diversi e succulenti, barando anche sulle dosi e i condimenti ma io nulla. Ero sicuramente insopportabile e sempre più irascibile soprattutto durante i pasti che erano un vero e proprio supplizio.

Stavo raggiungendo buoni risultati nel perdere giorno dopo giorno peso, solo che secondo il mio criterio di giudizio, era troppo lenta la discesa e allora decisi di vomitare, l’avevo letto su un articolo, le modelle vomitano, prendono diuretici e purganti prima delle sfilate. E allora entrai ufficialmente nel club delle anoressiche, e la cosa peggiore era che ne ero fiera, come se avessi conquistato una vetta impossibile.

Finì così il primo anno di superiori, mi piaceva studiare e lo facevo con passione, ma avevo un altro pensiero fisso il cibo, ormai nemico totale e pensiero costante. I miei genitori mi portarono da un nutrizionista, ascoltai tutto come si ascolta una lezione noiosa e una volta uscita, sempre più determinata nei miei obiettivi dichiarai apertamente che avrei mangiato quello che volevo e basta.

Fu la volta di uno psicologo in seconda superiore, dietro anche segnalazione di tutte le persone che  frequentavo, ormai preoccupate dalle mie condizioni fisiche visibili e delle quali io non avevo percezione. Io stavo bene, i malati erano loro con le loro paranoie. Ero riuscita a svicolarmi anche da questa cosa e così pure dal neurologo e addirittura neuropsichiatra, nessuno capiva che io finalmente stavo bene, perché nessuno riusciva a capirmi. Ero sola.

Il mio mondo era leggero, io ero leggera eppure mi vedevo ancora grassa, il mio cervello era ancora pieno di grassi saturi che scatenavano sul mio corpo quei rotoli odiosi che vedevo riflessi allo specchio, no non erano ossa era grasso, maledetto grasso che nonostante mangiassi poco o niente e vomitassi ogni giorno non voleva abbandonarmi. Mai avevo odiato così tanto. Smisi pure di bere convinta che anche l’acqua mi facesse gonfiare.

Mi portarono a peso, e si fa per dire, in una clinica per disturbi alimentari dove dovevo seguire un protocollo per 3 mesi, dovevo essere nutrita ed idratata se no rischiavo la vita, così dissero ai miei genitori. Non ebbi la forza di rifiutare dovetti temporaneamente accettare per poi essere cacciata dopo un mese perché nonostante i controlli riuscivo a mangiare e vomitare. Mi portarono direttamente in ospedale ero ormai al limite ma lì non curavano il mio “non voler mangiare” ma il mio corpo debilitato dopo di che mi rimandarono a casa. Tutti volevano che accettassi il cibo come medicina, non avevano capito nulla, se il cibo era mio nemico come potevo accettarlo come medicina?

Fui ricoverata in 6 cliniche per disturbi alimentari, e fui mandata via anzi fui indirizzata in ospedale visto che ogni volta peggioravo ancor di più di quando fossi entrata. Un calvario per tutti e soprattutto per me che non capivo tutto questo accanimento visto che io stavo bene.

Ora che riesco a vedere meglio la mia situazione mi rendo conto di quanta indifferenza, di quanta poca empatia nel gestire le situazioni, di quante ragazze come me vengono considerate “un caso” e non una persona.

All’ultimo ricovero tentarono il tutto per tutto. Era una specie di grande fratello, controllata 24 ore su 24 e supportata da un’equipe multidisciplinare, psichiatra, psicologo, nutrizionista. Avevo un altro nemico, la sacca per l’alimentazione artificiale dentro la quale facevano scorrere un liquido biancastro pieno di nemici, vitamine, grassi, proteine, zuccheri. Ebbi di nuovo un sentimento di odio crescente e di rabbia impotente.

Nel frattempo l’unica cosa che mi dava gioia era studiare. Lo facevo come potevo e quando potevo cercando di non rimanere indietro e supportata dai professori che vedevano in me una mente e non un corpo da giudicare.

Non vomitavo più ma di notte svuotavo la sacca del cibo di nascosto e così raggiunsi un compromesso tra la forzatura e la volontà. Tutto naturalmente tra me e me.

Questo mi portò però ad avere delle infezioni e a dover combattere con un brutto batterio che era entrato nei polmoni andando a peggiorare ulteriormente le condizioni fisiche già debilitate. Ma io ero determinata e mi sentivo forte, peccato che il mio corpo non lo era altrettanto.

Tra un ricovero e l’altro con i miei 40 kg superai brillantemente la maturità e fui orgogliosa di me stessa, finalmente avevo ragione io. Forte e determinata ma ancora troppo sovrappeso secondo la mia testolina, oggi posso dirlo, malata.

Finalmente ero maggiorenne, nessuno poteva più obbligarmi a fare ciò che non volevo ed io volevo andare all’università indovinate quale? Psicologia ma non nel mio paese ma bensì a Roma. Volevo una nuova sfida, dimostrare a me stessa e a tutti che ero in grado di badare a me e che stavo bene, cosa che loro non volevano capire. Ma io non stavo bene, e tutto il mondo aveva ragione. Volevo scappare per essere libera e non controllata dal mondo che non riusciva a capirmi.

Mi trasferì a Roma presi una casa in affitto e iniziai l’università. Fu bellissimo l’università mi piaceva tantissimo e diedi 8 esami in un anno ma nel frattempo diedi anche 10 kg alla bestia che mi logorava il cervello e crollai.

Fui ricoverata in ospedale con a mala pena 30 kg di peso sembravo una radiografia e anche la mia psiche era devastata, nonostante tutto mi dimisero e continuai fino alla fine dell’anno accademico.

Non potevo più stare da sola e i miei genitori mi riportarono a casa dove continuai a studiare spostandomi solo per dare gli esami a Roma accompagnata da qualcuno. Esami che superai sempre brillantemente perché nella mia vita esistevano ormai solo più due cose lo studio e il cibo,

Un altalenarsi tra il bene e il male e io vivevo ogni giorno come quando si ha un angelo su di una spalla e il diavolo dall’altra senza rendermi conto che la vittima ero sempre e solo io.

Finì diverse volte in ospedale, ma avevo imparato a scappare vagando di notte sola per le stazioni di Roma e nonostante mi stessero cercando tutti io mi sentivo forte del fatto che ero maggiorenne e potevo fare tutto quello che volevo. Mia madre era il mio incubo peggiore, mi trovava sempre, arrivai ad odiare anche lei. Ma non ero io, era la bestia che mi comandava a farmi dire o pensare il peggio di tutto e di tutti,

Ormai gli ospedali non mi volevano più ero un peso, per me una grande soddisfazione almeno mi avrebbero lasciata in pace finalmente. La mia anima era l’unico peso che mi portavo addosso come un fardello, ormai sentivo che nessuno sarebbe stato in grado di entrare nelle profondità dei miei pensieri e delle mie ragioni.

Volevo studiare, volevo laurearmi, volevo fare la psicologa per far capire al mondo che le persone come me non sono pazze ma qualcosa va storto nel loro essere e la realtà viene stravolta e che una volta che la bestia si impossessa del tuo cervello la lotta diventa impari, lei era più forte ed io oltre alle medicine che rifiutavo come ulteriori nemici, avevo solo lo studio e la volontà di farcela a raggiungere il mio obiettivo.

Se solo qualcuno non mi avesse guardata con gli occhi ma con il cuore forse sarebbe riuscito ad entrare dentro il mio essere e liberare la mia anima. Ma ormai ero un caso, abbandonata dagli amici, derisa dalla gente, allontanata dai medici, supportata solo dalla mia famiglia alla quale sentivo di aver dato un peso che non meritavano ma del quale amore non riuscivo a nutrirmi.

A volte volavo, con il corpo e con la mente, ero leggera e libera abbracciata ad un albero di ciliegie rubandone i frutti e golosamente assaporandone il gusto dolce e delicato, a volte mi immaginavo in un immenso prato circondata da fiori colorati con i miei libri e una montagna di dolci fatti in casa dalla mia mamma sparpagliati su una tovaglia bianca a volte mi vedevo nel tunnel e al fondo non c’era nessuna luce,

Ero io sempre io con le mie paure e con le mie speranze, con tanta voglia di crescere e di fare ma la forza cominciava a mancarmi e così cominciava anche a mancarmi il fiato. Mancava poco veramente poco mi ero trascinata, appoggiandomi alla mia volontà, fino al margine del mio sogno, dimenticandomi di tutto il resto, trascinando un corpo ormai fatiscente verso il delirio inconscio della distruzione consapevole da un lato, illusoria del fatto che tutto andasse bene, dall’altro.

Mancava poco alla mia laurea, ed io non feci in tempo a presentarla che la bestia decise di prendere ancora e ancora da quel poco che era rimasto. Mi stava togliendo il fiato e con esso la parola e le ultime forze che possedevo. Liquido nei polmoni, il dolore era lancinante, la sofferenza di chi mi amava ancora di più, io non sentivo più nulla in un attimo mi passo davanti tutta la mia vita, le sofferenze che avevo subito da bambina, l’incontro con la bestia, le lotte contro tutto e tutti, l’odio verso il cibo, la bilancia, i medici, le medicine , in un attimo vidi quanto avevo perso nella mia folle ricerca della perfezione mentre io ero la perfezione ma soprattutto l’indifferenza, quella mi pesava di più di ogni altra cosa. Ero un fantasma folle e volontariamente colpevole della mia condizione.

L’anoressia non è pazzia, è una vera e propria malattia oggi lo so. Oggi ne sono consapevole. Oggi io sono libera.

Continuo a vagare leggera come una piuma tra le nuvole, spinta dal vento caldo, mi hanno conferito  la laurea senza che avessi potuto essere lì come avevo da sempre agognato,  ma non  importa perché non potrò esercitare, non potrò aiutare chi come me avrà la sfortuna di incontrare il mostro che ti mangia, volo in alto e sono felice, non sono più una paziente scomoda, non sono più la ragazza dei 27 kg, non sono più un “peso” sono Fabiola e sono un angelo.

Dedicato a Fabiola (1985-2011) un’altra vittima dell’indifferenza.

Patrizia Maria Macario

 

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