Il nostro corpo reagisce negativamente ad ogni evento che altera la quotidianità predisposta da ogni individuo. Quando le cose seguono esattamente lo schema mentale che ci siamo prefissi, tutto l’organismo gode del beneficio del rilassamento mentale e quindi fisico.
Chi convive con una patologia ha un sistema mentale molto organizzato dovendo far combaciare perfettamente le cose da fare con la battaglia che porta avanti, e siccome essa è per lo più imprevedibile nelle sue manifestazioni, buona parte delle energie vengono impiegate a risolvere o per lo meno attenuare ogni evento fisico ci si pone davanti giorno per giorno.
L’impossibilità a volte di far fronte ad impegni o doveri, porta il soggetto a uno stato di confusione e depressione temporale ove ci si sente colpevolizzati per l’impossibilità appunto di essere perfetti in quello che non tanto noi ci aspettiamo ma gli altri si aspettano da noi.
Il dover dire di no o il rinunciare ci appare come una sconfitta interiore e inevitabilmente acuisce il dolore mentale che si riversa nel dolore fisico provocando danni maggiori a quello che già esiste concretamente.
Una buona parte dei dolori è reale e tangibile, a questa però si aggiunge il carico di quel malessere che condiziona inevitabilmente la nostra mente. La soglia del dolore si abbassa e si abbassano anche le difese corporali quindi il corpo subisce un doppio colpo non riuscendo più a far fronte a quelli che sono i dolori costanti e già debilitanti da soli.
Aumenta così la necessità di sopperire, la parte malata-non malata, aumentando le dosi di antidolorifici, antinfiammatori, ma soprattutto antidepressivi e miorilassanti.
Negli ultimi anni con la scoperta della fibromialgia, ovviamente non riconosciuta, l’abuso di questi farmaci è aumentato a livelli estremi, e non solo perché non esiste una vera e propria cura, ma soprattutto perché è il metodo più semplice per risolvere un ipotetico problema da parte dei medici.
Ma a parte lo stordimento generale questi farmaci non risolvono il problema all’origine e generano in coloro che ne fanno uso ancor più malessere della patologia stessa.
Purtroppo non tutti sono fortunati ad avere una vita regolare, serena, priva di intoppi, e soprattutto non tutti riescono a farsi capire nella loro sofferenza. Il circolo diventa vizioso e la qualità della vita in certi momenti diventa veramente sconfortante.
Il primo ed essenziale punto di rinascita siamo noi stessi, l’amore per la nostra vita, che per quanto brutta sia quella è e quindi non dico con rassegnazione, dobbiamo cercare di dare un senso a tutto ciò che effettivamente ci pare ingiusto.
Eliminare ogni elemento negativo, non dover dare spiegazioni a nessuno, usare le proprie forze e le proprie energie mentali per costruire un punto di appoggio dove ricorrere nei momenti più tragici.
Imparare a convivere con la solitudine e il silenzio ed ascoltare il proprio corpo e le sue esigenze, lottare fino all’ultimo prima di imbottirci di farmaci soprattutto quelli non salvavita, e porsi delle barriere emotive affinché nulla possa turbare l’equilibrio della nostra esistenza.
Un buon “vai a quel paese” ogni tanto ci sta soprattutto a chi dice di amarci veramente, perché se è effettivamente così , saprà andarci con diplomazia sapendo che al ritorno riceverà in cambio una dose infinita di amore. Perché non è l’amore che ci manca, quello che ci manca a volte è la pazienza. Patty5